Il mese scorso è stato pubblicato su JAMA un trial randomizzato, controllato, multicentrico sullo svezzamento (weaning) dalla ventilazione meccanica (1). Quando una prestigiosa rivista di medicina non specialistica si occupa di ventilazione meccanica dobbiamo ritenere che lo studio sia particolarmente importante. Quindi non perdiamo l’occasione di analizzarlo criticamente per capirne gli insegnamenti e coglierne i limiti.
Il weaning dalla ventilazione meccanica ha come momento centrale il trial di respiro spontaneo, che è un test per capire se un pazientesarà in grado di respirare senza ventilatore meccanico. Il trial di respiro spontaneo consiste nel sospendere o ridurre al minimo il supporto ventilatorio. Questo può essere ottenuto o distaccando fisicamente il paziente dal ventilatore (ventilazione con tubo a T) oppure mantenendo la ventilazione meccanica (senza PEEP) con un supporto inspiratorio minimo (di solito 5-8 cmH2O di pressione di supporto). La durata ottimale del trial di respiro spontaneo è dibattuta, ma solitamente è compresa tra 30 e 120 minuti.
Si procede all’estubazione se il paziente ha sopportato bene il trial di respiro spontaneo. Viceversa, se durante tale periodo si sono manifestati segni e sintomi di insufficienza respiratoria, si mantiene l’intubazione e si riprende la ventilazione meccanica. (Se hai dei dubbi sullo svezzamento dalla ventilazione meccanica o sui termini finora utilizzati, puoi leggere il post del 26/11/2017.)
Lo studio di JAMA mette a confronto il successo dell’estubazione tra il trial respiro spontaneo il meno impegnativo possibile (30 minuti con 7 cmH2O di pressione di supporto) ed il trial di respiro spontaneo il più impegnativo possibile (120 minuti con tubo a T, cioè senza alcun aiuto da parte del ventilatore meccanico). L’obiettivo della ricerca è capire se per estubare un paziente è meglio essere poco esigenti, col rischio di trovarsi di fronte ad una estubazione fallita per averne sopravvalutato le risorse, oppure essere molto esigenti, rischiando di non estubare persone che invece avrebbero potuto farcela.
Ricordiamo che l’estubazione fallita si associa ad una elevata mortalità, per cui i rischi di fallimento devono essere ben ponderati.
Le conclusioni dell’abstract sono: “Among patients receiving mechanical ventilation, a spontaneous breathing trial consisting of 30 minutes of pressure support ventilation, compared with 2 hours of T-piece ventilation, led to significantly higher rates of successful extubation. These findings support the use of a shorter, less demanding ventilation strategy for spontaneous breathing trials.” (trad.: “Nei pazienti sottoposti a ventilazione meccanica, un trial di respiro spontaneo di 30 minuti con Pressione di Supporto, rispetto a 2 ore di ventilazione con tubo a T, porta ad una più elevata percentuale di estubazioni coronate da successo. Questi dati supportano l’uso di una strategia di weaning più breve e meno impegnativa per i trial di respiro spontaneo.“).
In realtà il messaggio corretto è meno ovvio di quanto queste conclusioni lascino supporre.
Un elemento fondamentale per interpretare correttamente i risultati dello studio è che esso ha preso in considerazione l’esito di un solo trial di respiro spontaneo. Tutti gli eventuali successivi trial di respiro spontaneo (conseguenti al fallimento del primo o ripetuti dopo una eventuale reintubazione) non erano protocollizzati e potevano essere fatti in qualunque modo, indipendentemente dall’esito della randomizzazione.
Questo significa che i risultati di questo studio valgono solamente per un solo tentativo di weaning. I pazienti che si estubano con un solo tentativo sono circa la metà dei pazienti intubati, quelli più semplici da curare, con svezzamento rapido e facile, bassa mortalità e breve durata della degenza in Terapia Intensiva (2). L’insegnamento principale che portiamo a casa dallo studio conferma quanto già sapevamo: quando si analizza l’esito di un solo trial di respiro spontaneo, è inutile prolungarne la durata oltre i 30 minuti, sia quando lo si conduce con tubo a T (3) che quando si utilizza la pressione di supporto (4).
Da notare che i principali studi clinici controllati sullo svezzamento hanno preso in considerazione un solo trial di respiro spontaneo e che quindi i loro risultati possono guidarci solo sui pazienti con weaning più facile.
La vera sfida del weaning dalla ventilazione meccanica è però l’altro 50% di pazienti, ovvero quelli in cui si susseguono frustranti fallimenti dei trial di respiro spontaneo ed il processo di svezzamento dalla ventilazione meccanica si prolunga per giorni o settimane. Questi sono i pazienti su cui è più difficile, ma forse più importante, fare la differenza. Su di essi questo studio (e gli altri ad esso simili) non ci insegna nulla.
Come dobbiamo comportarci quindi con i pazienti che falliscono i trial di respiro spontaneo? Limitiamo il ragionamento ai pazienti intubati candidati all’estubazione, escludendo in questa sede ogni considerazione sui paziente tracheotomizzato.
- è ragionevole, e con sufficienti dati a favore, limitare la durata del trial di respiro spontaneo a 30 minuti e riproporlo tutti i giorni in cui ve ne siano le indicazioni.
- diversamente dalla ventilazione con tubo a T, mantenere il paziente collegato al ventilatore è comodo e consente di misurare il volume corrente e visualizzare il monitoraggio grafico: per questo motivo è preferibile, nella maggior parte dei casi, il trial di respiro spontaneo con pressione di supporto senza PEEP.
- nessuno sa quale sia il valore ottimale di pressione di supporto da utilizzare. Personalmente preferisco utilizzare non più di 5 cmH2O, poichè ogni incremento di pressione di supporto riduce lo sforzo del paziente rispetto a quello che dovrà sostenere se sarà estubato (5): il lavoro respiratorio durante il trial di respiro spontaneo è sensato che sia il più possibile simile a quello che si avrà dopo l’eventuale estubazione.
Come abbiamo visto, la medicina basata sull’evidenza ci dà una mano nella gestione dello svezzamento facile ma non offre approcci affidabili nella gestione del weaning difficile. A 33 anni di distanza appare ancora valida una affermazione di Milic-Emili: “At present, weaning is still an art.” (6): questa consapevolezza ci induce a trovare le risposte nella articolata dialettica tra clinica e ricerca piuttosto che in deresponsabilizzanti “ricette universali”, che, proprio perchè tali, spesso rasentano la banalità.
Buon agosto a tutti gli amici di ventilab.
Bibliografia.
1. Subirà C, Hernández G, Vázquez A, et al.: Effect of Pressure Support vs T-Piece Ventilation Strategies During Spontaneous Breathing Trials on Successful Extubation Among Patients Receiving Mechanical Ventilation: A Randomized Clinical Trial. JAMA 2019; 321:2175-2182
2. Béduneau G, Pham T, Schortgen F, et al.: Epidemiology of Weaning Outcome according to a New Definition. The WIND Study. Am J Respir Crit Care Med 2017; 195:772–783
3. Esteban A, Alia I, Tobin MJ, et al.: Effect of spontaneous breathing trial duration on outcome of attempts to discontinue mechanical ventilation. American journal of respiratory and critical care medicine 1999; 159:512–518
4. Perren A, Domenighetti G, Mauri S, et al.: Protocol-directed weaning from mechanical ventilation: clinical outcome in patients randomized for a 30-min or 120-min trial with pressure support ventilation. Intensive Care Med 2002; 28:1058–1063
5. Sklar MC, Burns K, Rittayamai N, et al.: Effort to Breathe with Various Spontaneous Breathing Trial Techniques. A Physiologic Meta-analysis. American Journal of Respiratory and Critical Care Medicine 2017; 195:1477–1485
6. Milic-Emili J: Is Weaning an Art or a Science? American Review of Respiratory Disease 1986; 134:1107–1108
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