Il concetto di costante di tempo è affascinate ed ostico al tempo stesso. Come è nello stile di ventilab, cercheremo di rendere la costante di tempo facilmente accessibile e pratica, senza per questo toglierle nulla del suo fascino. Per fare questo, iniziamo prima a capire cosa si intende per costante di tempo dell’apparato respiratorio, quindi come utilizzare questo concetto durante la ventilazione meccanica. (Ho specificato che parleremo della costante di tempo dell’apparato respiratorio, perchè la costante di tempo non è esclusiva dell’apparato respiratorio ma è una caratteristica comune a tutti i processi con una cinetica esponenziale)
La costante di tempo descrive il tempo necessario e sufficiente per ottenere il 63% della variazione di volume dell’apparato respiratorio quando gli si applica una pressione di insufflazione costante o quando si ha una espirazione passiva. L’unità di misura della costante di tempo sono i secondi.
Facciamo un esempio per comprendere meglio cosa significa e quali sono i fattori che governano la costante di tempo (figura 1). Immaginiamo di avere un soggetto che ha terminato l’espirazione ed ha raggiunto la capacità funzionale residua. In quel momento nei suoi alveoli c’è una pressione pari a quella atmosferica, cioè 0 cmH2O. Applichiamo ora una pressione positiva continua all’apertura delle vie aeree, ad esempio di 20 cmH2O. La differenza di pressione tra ventilatore ed alveoli genera un flusso di gas, che va dal ventilatore (dove la pressione è più alta) agli alveoli (dove la pressione è più bassa). In questo modo i polmoni si riempiono di gas, aumentano il proprio volume ed inevitabilmente aumenta anche la pressione al loro interno. L’aumento di volume e pressione polmonare termina quando la pressione alveolare diventa uguale a quella applicata alle vie aeree, che nel nostro esempio corrisponde a 20 cmH2O. Di che entità deve essere l’aumento del volume polmonare per fare aumentare la pressione da 0 a 20 cmH2O? Ammettiamo che il soggetto in questione abbia una compliance di 100 ml/cmH2O. Questo significa che il volume polmonare aumenterà di 100 ml per ogni incremento di pressione di 1 cmH2O. A questo punto il calcolo è semplice: dopo l’applicazione di 20 cmH2O, il volume polmonare sarà aumentato di 20 volte la compliance, cioè di 2000 ml. Poichè la costante di tempo è il tempo necessario e sufficiente a far aumentare il volume dell’apparato respiratorio del 63% rispetto alla variazione finale, nel nostro esempio coincide con il tempo necessario per aumentare il volume dell’apparato respiratorio di 1260 ml.
Il tempo per raggiungere questa variazione di volume dipende dalla velocità con la quale il volume di gas si muove verso i polmoni, cioè dal flusso inspiratorio. Poichè il flusso dipende dalla resistenza (flusso= differenza di pressione/resistenza), tanto maggiore è la resistenza, tanto maggiore il tempo per ottenere la variazione di volume, cioè la costante di tempo.
Da quanto abbiamo detto è anche vero che tanto maggiore è la compliance, tanto maggiore la variazione di volume e quindi (a parità di resistenza) il tempo necessario per raggiungere il 63% di essa (cioè la costante di tempo).
Vediamo ora la costante di tempo applicata all’espirazione. Il volume corrente inspirato (di qualsiasi entità esso sia) genera una pressione alveolare definita dal suo rapporto con la compliance. Siamo abituati a vedere questa pressione come la pressione di fine inspirazione, ma evidentemente la possiamo anche considerare la pressione di inizio espirazione, cioè la pressione alveolare a cui inizia la fase espiratoria. Facciamo l’esempio di un soggetto che ha compliance di 80 ml/cmH2O ed un volume corrente di 400 ml (figura 2). Come abbiamo visto in precedenza, la compliance descrive la variazione di volume associata ad una variazione di pressione di 1 cmH2O. Quindi, 400 ml di variazione di volume in un soggetto con 80 ml/cmH2O di compliance richiedono una variazione di pressione di 5 cmH2O (cioè volume/compliance). La pressione alveolare di inizio espirazione in questo caso sarà di 5 cmH2O (sopra PEEP) e rappresenta la forza che inizialmente “spinge” il flusso espiratorio. Più è alta la compliance, minore la pressione di inizio espirazione, minore la forza per “spingere” l’aria fuori dai polmoni, più lungo il tempo che serve per espirare il 63% del volume corrente, cioè la costante di tempo. Anche in questo caso un aumento della resistenza riduce il flusso espiratorio e quindi, a parità di compliance, aumenta la costante di tempo.
Risulta ora chiaro perchè la costante di tempo (normalmente definita dalla lettera greca τ, tau) dipenda esclusivamente da compliance (C) e resistenza (R), a tal punto da poter essere calcolata dal loro prodotto:
τ = C ∙ R
La costante di tempo è caratteristica di ogni singolo apparato respiratorio, indipendente dalla pressione applicata in inspirazione o dal volume espirato. Dopo 1 costante di tempo come abbiamo visto si raggiunge il 63% della variazione di volume all’equilibrio, dopo 3 costanti di tempo il 95% e dopo 5 costanti di tempo il 99%.
Nella pratica clinica non ci serve tanto sapere di quanti secondi è la costante di tempo di un paziente, ma piuttosto ci è utile una semplice valutazione qualitativa che ci dica se il paziente ha una costante di tempo “lunga” o “breve”, cioè se l’apparato respiratorio “si riempie” e “si svuota” lentamente (τ lunga) o velocemente (τ breve). E se questo processo si svolge in modo omogeneo all’interno dei polmoni.
Impariamo ora a riconoscere i pazienti con costante di tempo “breve” o “lunga”. Una premessa indispensabile: “breve” o “lungo” rispetto a cosa? Da un punto di vista clinico ritengo che il tempo inspiratorio ed il tempo espiratorio siano validi termini di riferimento per la definizione del concetto di “breve” o “lunga” riferito alla costante di tempo inspiratoria ed espiratoria. Una seconda premessa fondamentale è che la costante di tempo descrive solo fenomeni passivi e che quindi può essere valutata solo se il paziente inspira ed espira passivamente.
In inspirazione, la costante di tempo può essere valutata solo nelle ventilazioni pressometriche, anche a target di volume, poichè garantiscono una pressione di insufflazione costante.
I soggetti con costante di tempo “breve” hanno un flusso inspiratorio rapidamente decrescente che si conclude con una fase di zero flusso al termine della inspirazione. In espirazione, la costante di tempo può essere valutata indipendentemente dalla modalità di ventilazione e, come in inspirazione, i soggetti con costante di tempo “breve” hanno un flusso rapidamente decrescente che si azzera facilmente prima dell’inizio dell’inspirazione successiva (ad eccezione dei soggetti con tempo espiratorio molto breve) (Figura 3).
Nei soggetti con costante di tempo “lunga” invece il flusso inspiratorio (in ventilazione pressometrica) ed il flusso espiratorio decrescono lentamente, a tal punto che alla fine dell’inspirazione e dell’espirazione il flusso non si è azzerato (figura 4).
In pazienti con costante di tempo eccezionalmente lunga, il flusso inspiratorio in pressione controllata si riduce talmente lentamente da sembrare costante invece che decrescente, tanto da avere l’apparente paradosso di una ventilazione con onda quadra sia di flusso che di pressione (figura 5). Immagini come queste sono rare e ringrazio l’amico Guido Amodeo del S. Giovanni Bosco di Napoli per averla saputa cogliere, capire ed averla condivisa con me.
Per oggi mi fermo qui, abbiamo già messo molta carne al fuoco. Nel prossimo post cercheremo di capire insieme le implicazioni cliniche delle costanti di tempo nei pazienti sottoposti a ventilazione meccanica.
Come sempre, un sorriso a tutti gli amici di ventilab. E buone vacanze!
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