Nei post del 22/09/2014 e del 18/10/2014 abbiamo descritto ed imparato a riconoscere tre asincronie paziente-ventilatore: sforzo inefficace, autociclaggio e doppio trigger.
Ora cerchiamo di capire come comportarci di fronte ad esse. Iniziamo con il doppio trigger (double triggering).
Le cause del doppio trigger.
Ricordiamo che il doppio trigger è identificato da due inspirazioni separate da una espirazione molto breve (inferiore alla metà, circa, del tempo inspiratorio medio) (1). Si è soliti interpretare il doppio trigger come una doppia attivazione del trigger inspiratorio con un unico atto inspiratorio dei muscoli respiratori del paziente (1-4), come possiamo vedere nella figura 1.
La fascia azzurra identifica la durata di una contrazione diaframmatica (traccia in basso, porzione in salita della depolarizzazione diaframmatica). Possiamo vedere che in questo periodo ci sono due segni di attivazione del trigger (curva di pressione in alto) che innescano due inspirazioni separate da una espirazione molto breve (curva di flusso in mezzo).
Questa spiegazione del doppio trigger (che è quella “ufficiale”) potrebbe essere vera solo in alcuni casi. Cercherò ora di spiegare il perchè.
Il doppio trigger è molto frequente in ventilazione assitita-controllata e quasi assente in pressione di supporto, dove lo si osserva solo in caso di trigger espiratorio molto precoce (45% del picco di flusso) (1-5). Addirittura il passaggio da ventilazione assistita-controllata a pressione di supporto è spesso sufficiente a far scomparire il doppio trigger (6). Dobbiamo quindi prendere atto che il doppio trigger è tipico delle ventilazioni che prevedono atti controllati. L’interpretazione “ufficiale” del doppio trigger può essere certamente compatibile con la ventilazione assistita-controllata se il primo atto del doppio trigger è triggerato dal paziente e se il tempo inspiratorio è troppo breve o il volume impostato è troppo basso (1-7). Osserviamo attentamente nella figura 2 il grafico utilizzato per descrivere il doppio trigger nello studio che per primo lo ha definito in maniera precisa, lo ha ricercato in maniera sistematica ed al quale gli studi successivi fanno riferimento (1).
La ventilazione utilizzata è sicuramente una assitita-controllata volumetrica e sembra piuttosto evidente che quando si verifica un doppio trigger (indicato dalla freccia sulla curva di flusso), il primo respiro della “doppietta” non presenta alcun segno di attivazione del trigger sulla curva di pressione (in basso). Ed è molto interessante notare che i doppi trigger sembrino presentarsi con un pattern regolare (sono intervallati da 3 cicli respiratori “normali”): ricordiamoci questo dettaglio, lo rivedremo più avanti.
Nella figura 2 abbiamo quindi visto il primo dei due respiri del doppio trigger non triggerato dal paziente: in questo caso sarebbe più corretto parlare di “doppio respiro” piuttosto che di “doppio trigger“, come peraltro veniva fatto in uno dei primi studi su questo fenomeno (2). La maggior parte dei doppi trigger presenta questa caratteristica: il primo respiro non è triggerato. Solo in circa un terzo dei casi il “doppio respiro” è effettivamente un “doppio trigger” perchè entrambi i respiri della “doppietta” sono triggerati dal paziente (5). A mio parere solo in questi casi si può interpretare il doppio trigger alla luce della spiegazione “ufficiale” presentata all’inizio.
Per gli altri casi esiste una spiegazione alternativa: il “reverse triggering“. E’ noto che anche in soggetti sani sottoposti a ventilazione meccanica il ritmo respiratorio spontaneo può resettarsi sul ritmo delle insufflazioni meccaniche (8). Il ritmo del ventilatore meccanico diventa una sorta di pace-maker per i centri respiratori del paziente, che si adeguano al ritmo delle insufflazioni e lo seguono: è il ventilatore che triggera il paziente e non viceversa! La conseguenza è che si osserva prima l’insufflazione meccanica e subito dopo la depolarizzazione diaframmatica, e questo con un ritmo regolare (figura 3).
Il ritmo regolare può essere 1:1 (ciascun respiro del ventilatore “traina” un respiro del paziente) o anche 1:2, 1:3, 1:4 (un respiro del paziente è innescato regolarmente ogni 2, 3 o 4 insufflazioni meccaniche).
Questo evento è stato osservato anche in pazienti con ARDS sottoposti a sedazione ed è stato definito “reverse triggering” (trigger inverso) (9). Vediamo un esempio nella figura 4.
Possiamo vedere che l’inizio della contrazione diaframmatica (indicato dalle linee verticali tratteggiate che segnano l’inizio della depolarizzazione del diaframma sulla curva EAdi) segue regolarmente ogni insufflazione meccanica (quindi abbiamo un ritmo 1:1), dando segno di sè sia sulla traccia di flusso (in alto) come incremento del flusso decrescente che sulla traccia di pressione (in mezzo) come piccola riduzione della pressione delle vie aeree.
Analizziamo ora la figura 5:
In questo caso la traccia in basso è la pressione esofagea e l’inizio dell’inspirazione del paziente è individuato dall’inizio della sua deflessione verso il basso (linee trattegiate verticali). Possiamo notare che la deflessione esofagea segue sempre l’insufflazione meccanica (in questo caso con un pattern 1:2) e che la conseguenza è sempre un doppio trigger (traccia di flusso in alto) con il primo dei respiri della “doppietta” non triggerato. Ricorda molto l’immagine della figura 2, nella quale potremmo individuare un ritmo 1:4.
Un ultima causa di doppio trigger può essere un autociclaggio sul secondo respiro della “doppietta”, come nel caso che abbiamo discusso nel post del 18/10/2014, in cui il doppio trigger era costituito da un atto triggerato seguito da un atto autociclato. In questo caso però l’asincronia “madre” è l’autociclaggio e non il doppio trigger.
I possibili problemi causati dal doppio trigger.
I problemi che il doppio trigger può provocare sono tre: 1) il discomfort del paziente, 2) l’aumento del volume corrente e 3) la creazione di auto-PEEP (o PEEP intrinseca).
L’aumento del volume corrente è dovuto al fatto che il volume del secondo respiro si somma a quello del primo che è stato espirato solo in piccola parte. Nei pazienti con ARDS con volume corrente impostato di 6 ml/kg (di peso ideale), la presenza di doppio trigger il volume corrente realmente erogato diventa di 10 ml/kg (di peso ideale) (7). L’aumento del volume corrente può comportare un aumento della auto-PEEP, soprattutto se la frequenza respiratoria è piuttosto elevata, con l’aumento del carico soglia e la possibilità di successivi sforzi inefficaci.
E’ evidente che se il doppio trigger è sporadico non rappresenta di per sè un pericolo per il paziente, ma può essere la spia di una scorretta impostazione del ventilatore meccanico. Quindi in presenza di doppio trigger abbiamo il dovere di verificare di se abbiamo impostato correttamente il ventilatore (vedi il prossimo paragrafo).
Come eliminare il doppio trigger.
La soluzione è (come sempre) in un’adeguata impostazione del ventilatore per arrivare a questa è necessario comprendere correttamente la causa del doppio trigger: la soluzione sarà diversa nei due tipi di doppio trigger.
Infatti se il primo dei due respiri è triggerato dal paziente, penso che l’interpretazione “ufficiale” sia corretta: il paziente ha iniziato l’inspirazione, il ventilatore cicla in espirazione prima che il paziente sia soddisfatto dell’inspirazione ottenuta. Se siamo in ventilazione assistita-controllata, dobbamo aumentare il tempo inspiratorio (che in questi casi dovrebbe essere circa 0.8-1″) e aumentare il volume corrente impostato (7). Il passaggio dalla ventilazione assistita-controllata alla pressione di supporto potrebbe da solo risolvere il problema. Se invece abbiamo questo tipo di doppio trigger in pressione di supporto, dovremo diminuire il trigger espiratorio (portandolo ad esempio al 10-20%), eventualmente anche aumentando di qualche cmH2O la pressione di supporto.
Quando il primo dei due respiri del doppio trigger non è triggerato dal paziente, dobbiamo invece considerare il reverse triggering come causa del doppio trigger. In questo caso la durata dell’inspirazione non c’entra nulla. Abbiamo due possibilità per risolverlo: aumentare o ridurre la frequenza respiratoria impostata (9). L’incremento della frequenza respiratoria determina la progressiva scomparsa dell’attività neurale del paziente e quindi l’abolizione dell’attività della sua muscolatura inspiratoria: il paziente si lascia comandare la macchina e si mette a riposo. La riduzione della frequenza respiratoria invece determina il prevalere della frequenza neurale del paziente su quella impostata sul ventilatore e l’effetto la scomparsa degli atti meccanci e la permanenza dei soli atti triggerati: al contrario della scelta precendente, in questo caso si lascia comandare la ventilazione al paziente ed il ventilatore si limita a seguirlo (si fa quindi una vera ventilazione assistita-controllata). La scelta tra le due opzioni dipende ovviamente dal contesto clinico: se siamo in “fase weaning”, privilegerei la seconda, se siamo in “fase ARDS grave” invece sceglierei la prima.
Infine, se ci accorgiamo che il primo atto è triggerato ed il secondo è autociclato, dovremo risolvere l’autociclaggio (ma di questo parleremo in un prossimo post).
Conclusioni
Ecco i punti salienti del post:
1) quando vediamo un doppio trigger, dobbiamo osservare se il primo dei due atti respiratori è triggerato (piccola incisura verso il basso che precede l’insufflazione sulla curva di pressione).
2) se il primo respiro del doppio trigger è triggerato, in ventilazione assistita-controllata dobbiamo aumentare il tempo inspiratorio ed il volume corrente impostato; oppure scegliere una pressione di supporto con un basso livello di trigger espiratorio;
3) se il primo respiro del doppio trigger non è triggerato, possiamo aumentare la frequenza respiratoria (se vogliamo sottomettere il paziente al ventilatore) o ridurre la frequenza respiratoria (se vogliamo dare il comando della ventilazione al paziente).
Come sempre, un sorriso a tutti gli amici di ventilab. E tanti auguri di buone feste e di un felice 2015!
Bibliografia.
1) Thille AW et al. Patient-ventilator asynchrony during assisted mechanical ventilation. Intensive Care Med 2006; 32:1515-22
2) Tokioka H et al. The effect of breath termination criterion on breathing patterns and the work of breathing during pressure support ventilation. Anesth Analg 2001; 92:161-5
3) Colombo D et al. Efficacy of ventilator waveforms observation in detecting patient–ventilator asynchrony. Crit Care Med 2011; 39: 2452-7
4) Piquilloud L et al. Neurally adjusted ventilatory assist improves patient–ventilator interaction.Intensive Care Med 2011; 37:263-71
5) Liao K et al. Classifying different types of double triggering based on airway pressure and flow deflection in mechanically ventilated patients. Respir Care 2011; 56:460-6
6) Chanques G et al. Impact of ventilator adjustment and sedation-analgesia practices on severe asynchrony in patients ventilated in assist-control mode. Crit Care Med 2013; 41:2177-87
7) Pohlman MC et al. Excessive tidal volume from breath stacking during lung-protective ventilation for acute lung injury. Crit Care Med 2008; 36:3019-23
8) Simon PM et al. Entrainment of respiration in humans by periodic lung inflations: effect of state and CO2. Am J Respir Crit Care Med 1999;160:950-60
9) Akoumianaki E et al. Mechanical ventilation-induced reverse-triggered breaths a frequently unrecognized form of neuromechanical coupling. Chest 2013; 143:927-38
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