Spesso mi vengono poste domande sulle “modalità di ventilazione non invasiva“. A mio parere non esistono “modalità di ventilazione non invasiva” ma solo “modalità di ventilazione meccanica“. Quando si dice “ventilazione non invasiva” deve essere chiaro che il termine “non invasiva” è solo un attributo del sostantivo “ventilazione”. “Non invasiva” vuol dire semplicemente che si collega il ventilatore all’apparato respiratorio con strumenti esterni alle vie aeree (maschere, caschi) invece che con strumenti interni alle vie aeree (tubi tracheali).
Se ci si limita a collegare l’apparato respiratorio al ventilatore (in maniera invasiva o non invasiva) non si è ancora fatto nulla: si tratta l’insufficienza respiratoria solo quando si comincia a VENTILARE. E le modalità di ventilazione sono uguali nella ventilazione invasiva ed in quella non invasiva. In entrambi i casi possiamo utilizzare (teoricamente) volume controllato, pressione controllata, pressione di supporto, SIMV, NAVA, BIPAP, CPAP, PRVC, PAV…
L’interfaccia non invasiva è utile solo se consente di erogare una buona ventilazione, altrimenti può diventare una trappola mortale. E’ indispensabile ricordare che l’obiettivo (nostro e, soprattutto, del paziente) è la VENTILAZIONE: ogni volta che la ventilazione con un’interfaccia non invasiva non è appropriata, la ventilazione non invasiva deve rapidamente essere abbandonata per l’intubazione tracheale. Meglio una buona VENTILAZIONE invasiva di una brutta VENTILAZIONE non invasiva.
Il vantaggio della non invasività è principalmente quello di VENTILARE quei soggetti in cui le complicazioni dell’invasività superano i benefici della VENTILAZIONE. Questi soggetti sono in primo luogo quelli con insufficienza respiratoria lieve-moderata, una condizione che in cui le complicanze dell’intubazione possono essere superiori ai benefici della ventilazione.
Da queste premesse deriva che bisogna conoscere come funzionano le modalità di VENTILAZIONE sia che si utilizzi la VENTILAZIONE invasiva sia che si utilizzi quella non invasiva.
Un primo problema quando si utilizzano i ventilatori meccanici può essere quello di districarsi nella giungla di sigle che a sproposito designano le modalità di ventilazione: spesso denominazioni diverse indicano la medesima ventilazione, altre volte la stessa definizione è applicata a ventilazioni diverse tra loro.
Oggi cerchiamo di fare chiarezza su una modalità di ventilazione che volte genera ambiguità: la ventilazione BIPAP.
La Biphasic Positive Airway Pressure (BIPAP) è una modalità di ventilazione che nasce nella seconda metà degli anni ’80 (1) ed è caratterizzata dall’applicazione bifasica (cioè su due differenti livelli) della pressione positiva continua delle vie aeree. La confusione sulla BIPAP inizia nei primi anni ’90, quando la Respironics negli Stati Uniti brevetta il marchio BiPAP® (con la “i” minuscola) e lo utilizza come nome per il proprio ventilatore monotubo da ventilazione non invasiva. La BiPAP® ottiene (meritatamente) un grande successo e diventa il pioniere della moderna ventilazione non invasiva nella pratica clinica. Da quel momento BiPAP® diventa simbolo e (purtroppo) sinonimo di ventilazione non invasiva, e trascina nel caos anche la ventilazione BIPAP che spesso viene confusa con la BiPAP®. Ancora più beffardo il fatto che il ventilatore BiPAP® non abbia tra le sue modalità di ventilazione la BIPAP (cioè la Biphasic Positive Airway Pressure): infatti la modalità di ventilazione BiPAP® S è semplicemente una pressione di supporto, mentre la BiPAP® S/T è una pressione di supporto con una pressione controlata di sottofondo che si attiva se la frequenza respiratoria del paziente diventa inferiore di quella impostata (in pratica funziona come una pressione controllata/assistita con gli atti spontanei ciclati a flusso e quelli temporizzati ciclati a tempo)
Oggi ci dedichiamo a chiarire come funziona la BIPAP, che può essere applicata sia attraverso un’interfaccia invasiva che una non invasiva (come tutte le modalità di ventilazione convenzionali). I ventilatori meccanici chiamano la BIPAP in modi diversi (BIPAP, Bi-Vent, BiLevel, BiPhasic, DuoPAP), ma fanno tutti la stessa cosa.
Nella BIPAP si impostano due differenti livelli di pressione che funzionano come due differenti livelli di CPAP. La CPAP è una modalità in cui il paziente respira spontaneamente con una pressione positiva continua nelle vie aeree. Ciò significa che il flusso inspiratorio non si associa all’aumento della pressione delle vie aeree, come avviene quando l’atto inspiratorio è supportato dal ventilatore. Nella BIPAP quindi il paziente respira spontaneamente come nella CPAP, ma ha due livelli, e non uno solo come nella CPAP, di pressione positiva continua ne che si alternano ritmicamente (vedi figura 1, pressione delle vie aeree in giallo, flusso in verde). Per poter impostare una BIPAP sono quindi indispensabili 4 comandi: un livello di pressione “bassa” (Pbassa), un livello di pressione “alta” (Palta), una durata della Pbassa (T-Pbassa) ed una durata della Palta (T-Palta).
La BIPAP non è solamente una ventilazione spontanea poichè il paziente riceve, inevitabilmente, un’insufflazione quando la pressione passa da Pbassa a Palta (figura 2, inspirazione nel respiro 3), come avviene tutte le volte che aumenta la pressione delle vie aeree durante la ventilazione meccanica. Ed altrettanto inevitabilmente il paziente espira una parte del proprio volume polmonare nel passaggio da Palta a Pbassa (figura 2, espirazione del respiro 4: come si vede il flusso espiratorio è maggiore rispetto a quello delle altre espirazioni).
Quindi la BIPAP è una combinazione tra una ventilazione controllata pressometrica (legata all’alternarsi di Pbassa e Palta) ed una ventilazione spontanea, con atti respiratori spontanei liberamente eseguibili sia durante Pbassa che durante Palta. Nella figura 2 vediamo che le inspirazioni spontanee durante Pbassa sono la 1, 2, 5 e 6, mentre l’inspirazione spontanea 4 avviene durante Palta. L’inspirazione 3 invece è l’unica assistita dal ventilatore, come si evince dal chiaro aumento della pressione delle vie aeree che si associa ad essa.
Se il paziente diventa passivo, ha assicurata una ventilazione che è a tutti gli effetti una ventilazione a pressione controllata: la Pbassa diventa la PEEP e la differenza tra Palta e Pbassa costituisce il livello di pressione controllata. Il tempo T-Palta diventa il tempo inspiratorio, mentre il tempo T-Pbassa rappresenta il tempo espiratorio. Un ciclo respiratorio completo ha quindi come durata la somma di T-Palta e T-Pbassa e la frequenza respiratoria diventa uguale a 60/(T-Palta+T-Pbassa). Se imposto T-Palta di 1,5″ e T-Pbassa di 2,5″, quale sarà la frequenza respiratoria?
Se il paziente diventa attivo, la BIPAP diventa ben diversa dalla pressione controllata. In pressione controllata ogni tentativo (efficace) di inspirazione del paziente attiva un nuovo atto controllato (quindi l’aumento della pressione delle vie aeree al livello impostato per la durata del tempo inspiratorio) (figura 3). Qui si vede chiaramente che l’attivazione del trigger (ben identificata dal cerchio bianco) innesca ogni volta un atto con assistenza inspiratoria (=con aumento della pressione nelle vie aeree).
Durante la BIPAP invece l’inspirazione spontanea durante Pbassa, non triggera alcun atto controllato, ma diventa solamente un atto respiratorio spontaneo aggiuntivo che inframmezza il ritmo dei cambi di pressione (come già visto in figura 2). Questa è una caratteristica condivisa con la SIMV: respiri controllati alternati a respiri spontanei. Bisogna comunque sapere che molti ventilatori lasciano una finestra di sincronizzazione tra attività respiratoria del paziente e cicli della BIPAP: se un paziente inspira in prossimità del passaggio da Pbassa a Palta, il ventilatore anticipa e sincronizza questo passaggio con la attività inspiratoria spontanea, di fatto riproducendo quanto normalmente avviene durante la ventilazione a pressione controllata.
La vera peculiarità della BIPAP si manifesta quando si ha attività inspiratoria o espiratoria spontanea durante la Palta: per la BIPAP questa non è un’asincronia, ma semplicemete un respiro del paziente ad uno dei livelli di CPAP. Vediamo cosa significa in pratica osservando la figura 4.
In questa figura vediamo un aumento di pressione in PCV ed uno in BIPAP (entrambi da 5 a 18 cmH2O). In entrambi i casi questo aumento di pressione viene mantenuto per il tempo impostato (in PCV è il tempo inspiratorio, in BIPAP il T-Palta). In entrambi i respiri il flusso inspiratorio generato (principalmente) dall’aumento di pressione ad un certo punto finisce (in corrispondenza della linea tratteggiata bianca). Qui si vede bene la differenza: durante il tempo inspiratorio in PCV il paziente non può espirare facilmente (il flusso resta bloccato sulla linea dello zero) e la pressione delle vie aeree in questa fase tende ad aumentare, un segno compatibile con un tentativo di espirazione del paziente che non va a buon fine. In BIPAP invece il paziente fa quello che vuole: dopo il termine dell’insufflazione, riesce prima ad espirare (flusso al di sotto dello zero) e poi ad inspirare mentre il ventilatore mantiene la Palta. (Questo comportamento è tipico della BIPAP, anche se qualche ventilatore è diventato capace di “ascoltare” meglio il paziente anche durante la ventilazione a pressione controllata e quindi, entro certi limiti, di accettare le asincronie inspiratorie)
Questo è tutto sul meccanismo di funzionamento della BIPAP. Quando e come usarla? Il post è già molto lungo, avremo modo di riparlarne in futuro.
Per concludere, come sempre ecco i messaggi-chiave:
1) la BIPAP è una modalità di ventilazione nata a cresciuta per la ventilazione invasiva. Può (come tutte le modalità di ventilazione) essere applicata anche durante ventilazione non invasiva, ma i ventilatori da ventilazione non invasiva normalmente non ce l’hanno tra le modalità di ventilazione (anche se si chiamano BiPAP®);
2) la BIPAP è caratterizzata dall’alternarsi di due livelli di CPAP;
3) quando il paziente è passivo la BIPAP è identica alla ventilazione a pressione controllata;
4) quando il paziente è attivo, può aggiungere liberamente la propria attività respiratoria spontanea su entrambi i livelli di pressione: si ha quindi la fusione degli atti respiratori spontanei gli atti respiratori imposti dal ventilatore.
Un sorriso a tutti gli amici di ventilab.
Bibliografia
1) Baum M, Benzer H, Putensen C, Koller W: Biphasic positive airway pressure (BIPAP): a new form of augmented ventilation. Anaesthesist 1989; 38:452-458.
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